venerdì 11 dicembre 2009

12 dicembre




Chi pagherà le vittime innocenti, chi darà vita a Pinelli il ferroviere?




(inserito su youtube da agitazioni)

Alle vittime di Piazza Fontana.


Marghi

domenica 15 novembre 2009

Pisa per Ivan

Il nostro amico Carlo Rovello ha scritto questo pezzo di ritorno in quel di Savona (e dintorni) da Pisa, dove si è svolto un evento in ricordo di Ivan Della Mea. Carlo ci ha mandato questo ricordo, e noi con affetto lo pubblichiamo :-).




Il Circolo Agorà di Pisa ricorda Ivan Della Mea
Un Circolo Arci di quelli che non trovi più tanto facilmente. Si respira un’aria di amicizia e di profonda passione politico-sociale. Tutti si prodigano per farti sentire a tuo agio, ti coccolano.
Così siamo stati accolti dal Circolo Agorà di Pisa, in Via Bovio, non lontani dall’Arno e dalla stazione ferroviaria.
Sabato 14 novembre si è voluto ricordare Ivan Della Mea, recentemente scomparso, nativo di Lucca ed esponente del Nuovo Canzoniere Italiano.
Io e Giovanni Straniero siamo stati invitati a presentare il saggio sul Cantacronache (Cantacronache- I cinquant’anni della canzone ribelle- Zona 2008) , con Gualtiero Bertelli a darci man forte con i suoi aneddoti, la sua chitarra e la sua fisarmonica.
Ci è piaciuto ricordare Ivan, ma anche il fratello Luciano della Mea, intellettuale ed attivista politico di spicco, uno dei primi ad intervenire quando, proprio a Pisa, fu picchiato a morte l’anarchico Serantini.
Un pomeriggio piacevole, ripercorrendo il tentativo di nobilitazione della canzone leggera tentato con ferma consapevolezza dal Cantacronache e da Michele L. Straniero (lo zio di Giovanni Straniero), insieme a Liberovici, Amodei, Margot, Jona, ma anche a Calvino, Fortini, Pogliotti e tutti gli altri che presero parte al progetto.
Dopo l’esperienza prodromica e seminale del Cantacronache, il testimone passò proprio al Nuovo Canzoniere, con figure quali Pietrangeli, Giovanna Marini, Gualtiero Bertelli e il medesimo Ivan (Luigi) Della Mea, splendido interprete anche del dialetto milanese.
Una lauta cena preparata con cura dagli allievi del corso di cucina del Circolo, poi comincia il clou della serata. Per primo entra in scena il coro dei ragazzi dell’Agorà, tutti a semicerchio, chitarra a tracolla, fisarmonica e giù ad intonare melodie popolari, mentre tutti ci troviamo pervasi da un’ atmosfera di comunanza e autenticità.
Al fine sale sul piccolo palco Bertelli, ( l’unico essere umano che canta con la voce da aragosta, come scherzosamente lo definì proprio Della Mea), la barbetta da moschettiere, i capelli spartiti, argentati e rigogliosi.
Un ricordo ancora per l’amico Ivan, poi Gualtiero ci conduce col suo repertorio nella Laguna Veneziana, tra i ricordi d’infanzia sull’isola della Giudecca, gli aneddoti scherzosi, i momenti di acuta riflessione e di rabbia sociale e non può mancare la sua Nina: “Nina ti te ricordi quanto che gavemo messo a andar su 'sto toco de eto nsieme a far a l'amor”.

Grazie a tutti.

Carlo Rovello

giovedì 12 novembre 2009

Enrico de Angelis: 40 tra musica ed inchiostro




Sta per uscire per Editrice Zona una voluminosa raccolta (ben 550 pagine!) di articoli sulla canzone e dintorni. Musica sulla carta. Quarant'anni di giornalismo intorno alla canzone è la memoria intellettuale di Enrico de Angelis, giornalista, storico della canzone nonché direttore artistico di quella resistente realtà che è il Club Tenco (tra povertà di fondi e mercificazione della cultura, uno dei pochi baluardi in difesa della buona musica).

Abbiamo avuto la fortuna di saggiare il libro in anteprima, e senza dubbio sarà una "golosa" lettura per tutti gli adepti della canzone d'autore e non solo. Infatti, diversi sono i contenuti dedicati "allo spettacolo" comunemente inteso, articoli di respiro ampio ed intelligenti che accanto a recensioni di mostri sacri o di splendidi artisti d'essai ci raccontano realtà parallele come il cabaret degli anni d'oro o il musical di qualità.
Largo spazio ovviamente ai grandi cantautori, ai nomi storici indimenticabili ed indimenticati, in un linguaggio piano ma curato, ricco senza essere manieristico, ma soltanto molto competente.
Curiosa, l'evoluzione linguistica, dal punto di vista della terminologia, sintomo e testimonianza di quel cambiamento di tempi che il buon giornalismo non può ignorare, e che si avverte leggendo il libro, senza nostalgie o forme retoriche, ma vissuto "da dentro", con passione per quello che si analizza e si racconta.
Un libro opportuno, questa forse la definizione più adeguata in tempi di sovraccarico mediatico e di quasi totale mancanza di filtri di qualità. Un libro che fa storia, memoria e cultura, impreziosito poi dal bel disegno di copertina dell'attore e artista Gianni Franceschini.
W la canzone d'autore!

mercoledì 11 novembre 2009

Inediti di Tenco


Il prossimo 13 novembre uscirà un doppio Cd di registrazioni inedite del grande Luigi Tenco, per Ala Bianca, casa discografica che sempre ci consola, nel panorama commerciale della musica italiana, con pubblicazioni di qualità (e di memoria storica).
Il cd di inediti appartiene alla collana "I Dischi del Club Tenco" e, ulteriore garanzia, è curato da Enrico de Angelis. Enrico, direttore artistico del Club Tenco e senza dubbio uno dei più importanti e competenti storici della canzone d'autore.
Il doppio CD verrà presentato durante la prossima edizione del Premio Tenco, giovedì 12 novembre alle ore 16 nel Roof del Teatro Ariston di Sanremo.

Cosa ascolteremo, in effetti, in questa felice pubblicazione di Ala Bianca?
Riportiamo un estratto del bell'articolo Luigi Tenco, gli inediti
di Angiola Codacci Pisanelli, pubblicato sull'espresso.

...

Il primo cd propone tre inediti mai incisi dal cantante genovese: un brano solo musicale, "No no no", affidato a Stefano Bollani in onore delle radici jazzistiche di Tenco (nel disco c'è una sorpresa: due brani jazz eseguiti dal musicista diciottenne al sax contralto del Settetto Moderno Genovese); poi la bellissima "Se tieni una stella", affidata alla voce di Massimo Ranieri, e una versione inglese di "Vola Colomba" di Nilla Pizzi, trasfigurata dalla traduzione di Tenco e dall'esecuzione virtuosistica di Morgan. Ma la vitalità del cantante, la sua importanza per la musica di oggi, si coglie anche nel secondo dei due cd. Qui sono raccolti i risultati di anni di lavoro da parte del Club Tenco, il gruppo fondato da Amilcare Reverberi e diretto da Enrico de Angelis che anima il Premio Tenco e la Rassegna della canzone d'autore a cui vengono invitati i migliori cantanti e cantautori italiani.

Nel disco di cover tenchiane sfilano molti nomi noti: da Roberto Vecchioni ai Têtes de Bois, da Alice agli Skiantos. Il tutto incorniciato da due versioni completamente diverse di "Lontano lontano": marcia zingaresca per Vinicio Capossela, testamento esistenziale per Eugenio Finardi


C'è anche "Cara Maestra", cantata, con quell'accento inglese mai cancellato da quarant'anni di successi italiani, da Shel Shapiro: «Cara maestra, un giorno m'insegnavi che a questo mondo noi, noi siamo tutti uguali; ma quando entrava in classe il direttore tu ci facevi alzare tutti in piedi, e quando entrava in classe il bidello ci permettevi di restar seduti».

"Cara maestra" introduce al Tenco più impegnato, pre-sessantottino. «Una sezione consistente nel disco è quella delle canzoni satiriche», racconta de Angelis. «Sono brani misconosciuti che Tenco aveva eseguito in tv ma che sono usciti solo nei dischi postumi». Ecco quindi la "Ballata della moda" di Giovanni Block, la "Vita sociale" di Simone Cristicchi, e la "Ballata del marinaio" cantata in sardo da Elena Ledda. Sono canzoni impegnate che fanno capire meglio l'invettiva ai "Padroni della Terra", la canzone che apre questo cofanetto e che ha una lunga storia. Il testo originale, scritto ai tempi della guerra in Indocina da Boris Vian, grande irregolare della letteratura francese, chiama in causa il presidente De Gaulle: e costò agli autori e ai cantanti anni di pubblico disprezzo da parte della destra francese, ma anche una fama solida tra i pacifisti. In Italia la canzone resta praticamente sconosciuta, racconta de Angelis, «fino a quando rimbalza dagli Stati Uniti, dove Peter Paul e Mary la traducono in inglese e ne fanno un inno contro la guerra del Vietnam».

Poi sono venute le versioni di Ornella Vanoni negli anni Settanta, e da Ivano Fossati. L'incisione di Tenco è del '66, e la canta in una bella traduzione tutta sua. La registrazione conserva i rumori "di studio". Si chiude con Tenco che chiede al tecnico del suono: «Senti non si può fare in due volte?». «Ma guarda che va bene», lo rassicura il tecnico. Va bene, sì: eppure resta per quarant'anni nei cassetti della casa discografica. Forse perché era una canzone un po' rischiosa, soprattutto per un cantante che già con "Cara Maestra" - quell'attacco all'ipocrisia di maestri e funzionari riciclati dopo il fascismo, aveva fatto scandalo, guadagnandosi due anni di esilio dalla Rai.
Meglio puntare sui cuori spezzati. E le canzoni impegnate, se proprio si dovevano pubblicare, relegarle sul "lato B".

martedì 10 novembre 2009

Tenco 2009: incontri pomeridiani

Il programma dei pomeriggi del Tenco 2009 (dal sito web del club). Da, segnalare, l'iniziativa "Sei personaggi in cerca di cantautore", un dialogo con sei intellettuali extra-canzone, a proposito delle canzoni...



Saranno come sempre dense le mattinate e i pomeriggi del Premio Tenco, in programma dal 12 al 14 novembre al Teatro Ariston di Sanremo.
Tutti i giorni la “Rassegna della canzone d’autore” (organizzata dal Club Tenco con i contributi del Comune di Sanremo, della Regione Liguria e della Siae) sarà aperta alle 12 dal consueto “Song Drink”, l’aperitivo d’incontro con gli artisti che si esibiranno in serata. Si svolgerà al Roof del Teatro Ariston ad ingresso libero, così come i vari appuntamenti previsti nei tre pomeriggi.

Giovedì 12, alle 15.30, si comincerà parlando del libro-dvd L’infermeria. 20 anni… un lungo incontro, con Cristiano Angelini, Luciano Barbieri e Walter Vacchino, con proiezioni. Alle 16 sarà la volta della presentazione del doppio cd del Club Tenco Luigi Tenco, inediti, a cura di Enrico de Angelis, e del cd Genova Jazz ‘50, con Gabriella Airaldi, Fabrizio De Ferrari e Mario Dentone, con proiezioni. Alle 17 si potrà assistere al film di Wayne Scott Cose del Tenco, realizzato in occasione della Rassegna dello scorso anno.
Venerdì 13, alle 15.30, Giordano Sangiorgi presenterà il Mei 2009, mentre alle 16 si parlerà del volume Il sogno e l’avventura di Riccardo Mannerini, con il curatore Francesco De Nicola, Vittorio De Scalzi, Mauro Macario, Ugo Mannerini e Marco Ongaro, con letture e canzoni. Alle 17 Tango al Tenco, spazio dedicato al tango argentino, con la partecipazione di Marco Castellani, un incontro con Daniel Melingo e la presentazione del libro di Horacio Ferrer Loca ella y loco yo, con Claudio Pozzani.
Sabato 14 si inizierà alle 15 con un appuntamento particolare, Chi non la canta la conta. Sei personaggi in cerca di cantautore, condotto da Sergio Ferrentino e con il sottofondo musicale di Maurizio Camardi. Parteciperanno Massimo Carlotto, don Andrea Gallo, Carlo Petrini, Sergio Staino, Gabriele Vacis e Patrizia Valduga. Alle 17 don Andrea Gallo e Pepi Morgia presenteranno il libro di Claudio Porchia I fiori di Faber, mentre alle 17.30 verrà ricordata il Premio Tenco Fernanda Pivano con un’anticipazione dello spettacolo La canzone di Nanda, presenti Giulio Casale e Gabriele Vacis, e la proiezione del film di Ottavio Rosati Generazioni d’amore, le quattro Americhe di Fernanda Pivano, introdotto da Tito Schipa.
Il Premio Tenco da sempre ha anche uno spazio dedicato alle mostre. Quest’anno a partire dal 12 novembre nella sala incontri del Teatro Ariston sarà possibile visitare (dalle 11 alle 21) “Il primo disco non si scorda mai”, a cura di Franco Settimo, con le copertine dei dischi d’esordio di moltissimi cantautori, e “Photoshow”, una mostra-laboratorio di Fabrizio Fenucci che rielaborerà artisticamente le fotografie che scatterà durante la Rassegna e le esporrà subito dopo.

venerdì 28 agosto 2009

Virgilio Savona


Virgilio Savona si è spento ieri sera a Milano dopo una lunga malattia. Sì, Virgilio Savona quello del Quartetto Cetra, quello con gli occhiali spessi, uno dei quattro fantastici artisti degli sketch e delle canzonette da prodigi vocali di un dopoguerra in cui, per ricostruire, bisognava iniziare anche dal morale. Un pezzo della storia della musica italiana e anche di quella televisione che muoveva i primi passi quando gli standard di qualità e la tecnica riuscivano tranquillamente a convivere con i gusti del pubblico e della critica.
Savona non era solo uno dei quattro Cetra ma era anche il compositore e l'arrangiatore del gruppo, un musicista raffinato ed originale, la mente in stato di grazia alle spalle un sound moderno, denso di influenze americane ma al contempo appena melodico, ma proprio quel poco che non guasta e fa sì che la gente canticchi un brano sotto la doccia o facendo la spesa.
L'autore di un'infinità di canzoni (su testo di Tata Giacobetti) che non hanno solo divertito, ma anche insegnato un modo tutto diverso di fare spettacolo, dove la qualità vocale andava a coniugarsi con l'abilità recitativa ed una sottile ma imprescindibile vena comica, che ancora oggi contraddistingue e rende inimitabili i Cetra.
Non ho mai avuto l'occasione di vedere Virgilio di persona, ma me ne ha parlato spesso e con affetto Enrico de Angelis, che ha recentemente curato insieme a Carlo Savona (figlio di Virgilio e naturalmente di Lucia Mannucci, impeccabile voce femminile del Quartetto) un progetto editoriale di grande importanza e spessore culturale, un libro meticolosissimo in supporto ad un doppio dvd che ripropone tutte le apparizioni televisive di Savona e compagni.
Negli ultimi anni la malattia aveva inevitabilmente minato le capacità di Virgilio, ma forse grazie a quelle strane forze intellettive che guidano le persone quando mosse dalle passioni e dal fuoco dell'arte, egli, al cospetto della musica, non aveva mai rinunciato a fare con essa un giro di valzer. Risale infatti al solo 2007 la sua ultima fatica musicale, Capricci, una serie di registrazioni casalinghe eseguite con la moglie Lucia.
Virgilio aveva continuato a scrivere musica, e a scrivere di musica, esplorando pertugi diversi della canzone italiana, anche là dove qualcuno, associandolo solo al Quartetto Cetra, non se lo sarebbe aspettato.
Quando pensiamo Virgilio Savona non dobbiamo pensare solo al Quartetto. Certo, questo è stata senza dubbio la matrice principale della sua carriera artistica, è stata la "sua" forma musicale, la sua vena più percorsa ed esplorata, la scintilla che trascinò l'Italia dei Cinquanta ed oltre con canzoni inaspettate, frizzanti e coinvolgenti.
Però io penso al Virgilio studioso di musica popolare, attivissimo per le collane Albatros e I dischi dello zodiaco, nomi che oggi suonano sconosciuti, ma sono stati storia, per il folk progressivo. Penso a Virgilio con Michele L. Straniero, suo coautore di molti lavori di musicologia sullo sterminato mondo del canto popolare e sociale.
E poi penso ad un disco, un certo disco che chi bazzica la canzone politica avrà individuato. Sì, sto pensando proprio a quel 33, E' lunga la strada, dichiarato manifesto politico dei caldissimi anni Settanta, quando accanto alla musica di intrattenimento, Savona sentì l'urgenza del cantautorato attivo, addirittura militante. E' un LP bellissimo, e tanti di noi ci sono affezionati: da Nella testa di Nicola, sguardo neorealista alla frammmentata coscienza politica giovanile e alla violenza delle repressione, a quel grido sussurrato contro la mafia che è Ogni fine di Agosto. E tante altre.
Nel 2004 il Club Tenco rese omaggio a questo Savona meno conosciuto, dedicandogli l'intera Rassegna ed un disco molto accorato intitolato, con una bella trovata dantesca, Seguendo Virgilio, in cui diversi artisti, come Alessio Lega, hanno reinterpretato brani di E' lunga la strada e di altri lavori per lo più extra-Cetra (come Sexus et politica, rivisitazioni musicali di poesie latine composte per Giorgio Gaber nei primi anni Settanta); tra i brani, quella preveggente Troppi affari Cavaliere! del lontano 1954 che oggi inevitabilmente strappa qualche battutina, ma sono coincidenze, per carità...

Trovo sempre molto belli gli omaggi come questo, che arrivano quando il festeggiato è ancora in vita; primo perché possono essere solo autentici, secondo perché dopo la morte, gli omaggi possono essere belli e graditi, riusciti, indovinati, ma l'onore più grande che si può fare ad un musicista per tenere vivo il suo ricordo è tenere viva la sua arte nel quotidiano.
Allora, ascoltiamo le canzoni di Virgilio, queste ultime meno famose, meno conosciute, più difficili.
Sono canzoni belle, profonde, anche dure. Perché la vita e la musica, lo sappiamo, sono cose delicate.

mercoledì 19 agosto 2009

Fernanda

mercoledì 8 luglio 2009

I Classici 1: Non al denaro non all'amore ne' al cielo



Un vecchio scritto su uno dei capolavori indiscussi della canzone d'autore. Con il nostro pensiero a Fabrizio, sempre.


NON AL DENARO, NON ALL'AMORE NE` AL CIELO



(Fabrizio De André canta Spoon River)

E` il 1971 quando Fabrizio De André scrive uno dei capitoli fondamentali della canzone d'autore: Non al denaro, non all'amore né al cielo, ovvero la sua (e di G.Bentivoglio e di N.Piovani) rivisitazione-rilettura del piccolo capolavoro di Edgar Lee Masters, L' antologia di Spoon River.
E non sono canzonette. Il disco è soprattutto un discorso ed un incontro; è un discorso perchè è un concept album , nello specifico il terzo concept album di Fabrizio, che dimostra di avere una singolare e fortunata inclinazione per tale affascinante e moderna formula epica di racconto. E' un incontro, perché è il dialogo ideale tra poeti contigui e diversi, un avvocato-gothic (con in fondo un personale ed amaro senso dell'umorismo) di Chicago, e un ragazzo ribelle di Genova che potrebbe cantare per gli dei, vicino ad Omero (l'omero di Masters, l'uomo con la fronte ampia come una nuvola); ma è un incontro mediato da una terza eclettica straordinaria figura, ovvero Fernanda Pivano, che negli anni Cinquanta tradusse l'opera letteraria di Masters e che è la "responsabile" di un' intervista immaginaria al poeta americano e di un'intervista all'amico Fabrizio a proposito delle lapidi sincere in questione.




TRA IL GIRADISCHI E LO SCAFFALE

Il passaggio alla canzone non deve essere stato facile, né nelle scelte, né riformulazione poetica. Quello che nel 1971 (e alla fine degli anni Cinquanta, alla prima lettura giovanile) colpisce Fabrizio, è la raffinata analisi della condizione e della natura umana che Masters cercò di fare con la sua Antologia, molti decenni prima. I personaggi di Spoon River, accomunati inesorabilmente dal destino ma inevitabilmente ancora legati alle bassezze e agli splendori della vita, nutrono il discorso poetico con la loro umanità ostinata ed imperfetta, con la rassegnazione o con la caparbietà di chi rimpiange i propri difetti terreni.
Così Fabrizio sceglie nove storie, parabole profane sui dettagli dell'animo, ed intesse un discorso sull'umanità, in chiave sociale e solo sottilmente politica, in quanto il livello politico è incastonato nell'analisi della difficoltà dell'uomo nelle grinfie del sistema sociale e di chi detiene il potere.
Come osserva Fernanda Pivano, esiste un lavoro di immersione temporale, ovvero Fabrizio lima qui e là dei dettagli poetici, stilistici e di contenuto e trasforma abilmente la piccola borghesia dell'America d'inizio secolo in un contesto più vicino ai suoi giorni, una realtà sociale corrotta dalla competitività, dall'invidia e dagli abusi del potere politico e religioso.
Con l'aiuto di G.Bentivoglio, indiscusso fabbricante di splendidi versi, Fabrizio ci regala nove pezzi di grande bellezza e "apertura lirica", ma anche molto ritmici e cantabili.



I PERSONAGGI

Invidiosi corrosi dalla propria invidia, innamorati malati, scienziati idealisti, blasfemi rivoluzionari... Questo è il mondo di Masters, che Fabrizio rielabora, con il suo linguaggio crudo e aulico al contempo, con il suo sguardo libertario e (in un caso) un immancabile pizzico di erotismo.
Notiamo un particolare: sono tutti personaggi maschili, a parte Ella, Kate, Maggie, Edith, Lizzy, donne finite per amore tenero o amore violento, che si vedono dedicata una sola strofa nel brano--prologo La collina, una sorta di introduzione al disco e al discorso poetico.

Un matto: ... dietro al quale sta tutto un villaggio che lo rifiuta e lo maltratta. Lui, che divertiva gli altri recitando l'enciclopedia da morto deve sentire ancora il bisbigliare rumoroso di chi compatisce la sua povera esistenza e ironicamente chiama "pietosa" la sua morte.

Un giudice: il giudice nano, incattivito dallo studio e dal rancore, corroso dell'invidia, che diventa procuratore solo per farsi dire "Vostro Onore" e mandare dal boia chi lo derideva in gioventù. Un personaggio meschino, e negativom, in parte incattivito dal sistema che spesso si erge come un ingranaggio e schiaccia le persone.

Un blasfemo: Faber il libertario, fa gridare al personaggio, che muore di morte violenta picchiato dalle guardie bigotte, lo sdegno verso il sistema, che uccide la natura tenera e perfettibile degli uomini. E' blasfema, per il potere, la sua posizione: la mela proibita, così come il paradiso, sono sulla terra, e con Dio hanno poco a che vedere, e la mela bisogna ancora rubarla, sulla terra. Ma è necessario liberarsi dal giardino incantato che il Potere ha costruito.

Un malato di cuore: il personaggio più dolce, che per amore vince le sue paure. Lui che fin da bambino spia gli altri giocare e correre a perdifiato, non esita a baciare la ragazza che ama, anche se l'amore è fatale per il suo debole cuore. Ora da morto, tiene stretto il ricordo del bacio, ultimo gesto della sua vita.

Un medico: il medico rappresenta lo scienziato idealista incastrato nel sistema; a forza di curare i bisognosi finisce per affamarsi ed è costretto ad affidarsi all'imbroglio, tantoché un "giudice con la faccia da uomo" (Fabrizio non nasconde le sue antipatie, a partire da certe riuscite traduzioni...) lo sbatte in prigione, ormai privato dell'affetto e del rispetto e implicitamente scrive "imbroglione" sulla sua lapide.

Un chimico: di nuovo uno scienziato, quindi un rappresentante del mondo moderno, ma che invece nella scienza vede un rifugio, una legge assoluta per l'esistenza e muore solo, senza un amore da ricordare, perchè, inesorabilmente, per l'amore non ha trovato formula alcuna, se non resistere sterilmente alla primavera.

Un ottico: uno spacciatore visionario di occhiali illusori, un morto che parla da un mondo alterato, onirico ed allucinato e vuole trasformare la realtà in luce, una realtà che con un po' di invidia sintetizza in uno sguardo agli amici ancora vivi sulla strada.

Il suonatore Jones: Jones, suonatore di flauto (di violino, per Masters) è l'unico che ha un nome (eccenzion fatta per l'excursus del prologo), l'unico che in fondo si è abbandonato alla vita ai suoi eccessi, al vino alla musica, alla strada. E' l'unico che se ne va con tanti ricordi e nemmeno un rimpianto, come dovrebbe essere, in fondo, per tutti.
La vicenda di Jones conclude anche il brano "La collina", e Fabrizio ci mostra quindi un particolare affetto per questo personaggio, in cui più meno esplicitamente, deve aver visto un po' di sé.




UNA (PICCOLA) ANALISI MUSICALE

Nicola Piovani è un musicista straordinario non solo tecnicamente: è dotato di una rara sensibilità per il linguaggio emotivo della musica e quindi per il discorso poetico. Non a caso, lui e Fabrizio ci hanno regalato delle canzoni-immagine: piccole storie stilisticamente autocontenute, nel senso che esiste un perfetto sincretismo tra il testo, la melodia, l'armonia. Dai toni accesi, scanzonati (chitarra decisa e sapore folk-beat) de "Un matto", alla sacralità madrigale del la minore de "Un blasfemo"; dai toni impertinenti delle melodie de "Un giudice" e "Un medico" fino al valzer romantico per il suonatore Jones. Sperimentazioni dissonanti e dodecafoniche per "Un ottico" e qua e là suggestioni alla Ennio Morricone, spiragli e visioni della una vena creativa successiva di Piovani.

Poi, sola, la voce di Fabrizio, che sa carezzare le parole e sottolineare solo certe note, in quanto riesce sempre a scegliere certe sillabe da raccontare con inclinazione insolita. E sa regalare, dignità, splendore e tristezza alla frase poetica, facendo propria la lezione del maestro francese Brassens.



UNA RIFLESSIONE FINALE


Così Fabrizio ha cantato Spoon River, con il suo do centrale vocale, le sue espressioni inconfondibili, la sua eleganza.
Il suo amore disperato e raggiante per l'umanità. Tante volte ha inventato personaggi scomodi e insicuri, teneri imperfetti, cattivi ribelli, li ha limati, ha costruito e ci ha fatto ascoltare delle storie.
Sono tutti personaggi suoi. Questi di Masters, sono suoi ugualmente, nello stesso modo, sono forse forti di un maggiore distacco dal narratore che li rende ancora più nitidi.
Inventare è una grande prova ma ugualmente grande è innamorarsi di qualcosa, limarla per e su di sé e poi saperla ri-raccontare.



Margherita Zorzi

sabato 4 luglio 2009

4 LUGLIO: TANTI AUGURI, COMANDANTE! Ti voglio bene. Marghi





HASTA SIEMPRE

Aprendimos a quererte
desde la historica altura
donde el sol de tu bravura
le puso cerco a la muerte.

Aqui se queda la clara
la entranable transparencia
de tu querida presencia
Comandante Che Guevara.

Tu mano gloriosa y fuerte
desde la historia dispara
cuando todo Santa Clara
se despierta para verte.

Aqui se queda la clara
la entranable transparencia
de tu querida presencia
Comandante Che Guevara.

Quien es que mando la brisa
con sol esta primavera
para plantar la bandera
con la luz de tu sonrisa?

Aqui se queda la clara
la entranable transparencia
de tu querida presencia
Comandante Che Guevara.

Tu amor revolucionario
te conduce a nueva empresa
donde esperan la firmeza
de tu brazo libertario.

Aqui se queda la clara
la entranable transparencia
de tu querida presencia
Comandante Che Guevara.

Seguiremos adelante
como junto a ti seguimos
y con Fidel te decimos:
Hasta siempre, Comandante!

(Carlos Puebla)

martedì 16 giugno 2009

Ivan

Ivan in realtà si chiamava Luigi. Racconta di aver scelto un nome
russo così come avevano fatto altri amici, e poiché i vari Igor e
Vladimir erano già stati presi, la scelta era caduta su Ivan.
Così era Ivan da sempre, da prima del Nuovo Canzoniere Italiano, da
prima de I Dischi del Sole.
Un'infanzia ed una prima giovinezza difficili ma emozionanti,
collegio, notti passate alla stazione, e tante altre avventure. Le
abbiamo sentite proprio dalla sua voce, in quel bellissimo film
documentario di Isabella Ciarchi "A quell omm" che adesso suona quasi
come un testamento, ma un testamento come quello dei poeti e degli
artisti, che rileggi o riguardi con malinconia ma anche con divertita
ammirazione, perché capisci che per fortuna tutto quello in cui hai
sperato e non sei riuscito a dire qualcuno lo ha detto anche per te.
Perché capisci che ci sono persone come Ivan che non si sono
risparmiate e hanno vissuto. Punto e Basta. Dalla Toscana a Milano,
dai gatti ai Navigli, da Hemingway a Vittorini, Ivan l'Archetipo, come
lo definì Umberto Eco la prima volta che lo sentì cantare, urlava le
canzoni con il suo timbro inconfondibile, e la sua esse che faceva i
capricci rendendo buffa una pronuncia limata da un accento lombardo
spiccato e modi spesso sbrigativi.
Modi diretti e scrittura rocambolesca, ci aveva abituato anche alla
sua scrittura senza musica, attraverso i libri e gli articoli del
manifesto, frasi veloci che si reggevano su se stesse, anziché sulla
punteggiatura.
Nelle canzoni come nella prosa, Ivan, uomo di sinistra dei più
autentici e quindi anche autenticamente critico, non cedeva alla
mediazione dialettica delle proprie analisi, se non in funzione del
bel scrivere, ma pungeva, con il coraggio necessario a chi è in grado
di mettere in discussione il sistema, anche negli aspetti più intimi e
vicini, per dedicarsi alla ricerca  della realizzazione dell'idea.
Penso alla sua Lettera a Michele, coraggiosa critica al potere,
soprattutto il potere personale che corrompe anche la  sinistra perché
cancro della qualità umana; parole dure per un compagno di partito che
forse ha scordato la lotta, ma parole anche affettuose ed  infine
drammatiche, laddove la violenza di classe è strumento necessario
verso il rispetto e per rifiutare i propri errori, il proprio potere
personale.
Già il potere, con esso lo scontro dialettico di Ivan non è mai finito.
La sua è stata una resistenza ad oltranza, cantando, scrivendo e
nell'impegno straordinario investito nell'Istituto Ernesto de Martino,
nella gestione della pesante eredità di compagni già andati, che Ivan
ha portato avanti con orgoglio e sapienza.
A me Ivan ha a sempre dato speranza. Certo, per me i giorni cantati
sono un'eredità culturale e non un'esperienza diretta, ma sono in
fondo quella memoria sociale collettiva, che è indistintamente di
tutti quelli che la sentono propria, alla faccia di ogni dato
anagrafico.
Sì forse la mia è una speranza "sfasata", parole di ieri sono parole
per il futuro di oggi, al di là delle già ricevute sconfitte.
Sarà ingenuo, ma mi dà sempre speranza una certa canzone da Il rosso è
diventato giallo, quando Ivan grida  forza Giuan l'idea non è morta...
Sarà che Giuan è Gianni Bosio, che le bandiere lacerate si possono
rattoppare, non so.
Sarà che Ivan non si arrendeva, anche nelle canzoni più recenti, meno
conosciute ma molto belle e dense di ironia e di coscienza, come
sempre, del resto. In cui si definiva un estremista perché leggeva Gianni
Mura o la Rossanda, in cui raccontava le tragedie di un rom annientato
da cristiane genti. In cui aveva male all'orologio. Maledetto
orologio.
L'ultima volta l'ho sentito cantare nel luglio del 2007, vicino a
Padova, insieme al suo fedele scudiero Paolo Ciarchi. Scherzava sulla
propria salute e lo abbiamo scoperto divertito alla richiesta di
raccontarci la storia del cappotto di Hemingway.
Era contento che la conoscessimo. Ha cantato a lungo, e sì, lo so che
tanti staranno pensando che avrà di certo stonato, ma sinceramente non
me lo ricordo, perché non ha importanza. Ricordo invece che la Ballata
per l'Ardizzone
(un Carlo Giuliani di tanti anni fa), ha mosso tra il
pubblico più di un luccicone.
Ci ha raccontato poi della chitarra, la sua chitarra storica, che
aveva ceduto e si era aperta. Ha poi mostrato con orgoglio il suo
"rammendo" dello strumento, glorioso compagno di avventure, con uno
scotch supersonico.
Io pensavo: certo che si è aperta, povera chitarra, prova tu a farti
trenta e passa anni di Ringhera, da Milano alla Spagna, ci credo che
ha ceduto...
Ieri anche Ivan ha ceduto, o meglio ha ceduto quel suo corpo
monumentale e faticoso. Lui certamente no. Lui che diceva di pensare
anarchico e di vivere sinistro, lui no.
E anche se ci credo poco, o forse non ci credo per niente, se qualcosa
c'è, di là oltre le stelle, dai Ivan continua ad incazzarti!


15/6/2009
Margherita

domenica 14 giugno 2009

Ciao Ivan



"...Pigliarsi la fabbrica
e poi la città
far nostra la vita
vuol dire imparare
da oggi tra noi
il nuovo rispetto
il solo rispetto che è comunista..."
(Lettera a Michele)

"Penso anarchico e vivo sinistro." Ivan Della Mea

Ci mancherai.

Marghi, Franca, Franco

venerdì 12 giugno 2009

AmoDay


Lunedì scorso 8 giugno, Trattoria Porto Mancino di via Lazzaretto 26, Verona, organizzato dall'Associazione Culturale Malacarne... Amoday, omaggio a Fausto Amodei.

mercoledì 8 aprile 2009

Terremoto, musica, silenzio

L'altro giorno pensavo di scrivere un lungo intervento sulla canzone francese. Poi la tragedia che in questo momento affligge l'Abruzzo mi ha fatto preferire il silenzio. A volte però la musica sussurra, lenisce, convoglia il sentire e le emozioni, soprattutto quando non sai cosa dire, troppa tristezza, troppo dolore.

Lascio qui le parole del cantastorie (forse uno degli ultimi della sua specie) Franco Trincale, un lamento per analoga disgrazia in terra di Sicilia...
Le cose si ripetono, il tempo passa, ma sempre impreparati ed incapaci siamo.



O Signore, Signore, Signore!
E guardali sti creaturi
sono figli di lu cielu
senza luogo e senza pani
sono i terremotati siciliani.

Ci hanno dato una coperta
un biglietto 'nta li manu
l'hanno messi nel diretto
l'han mandati a Milanu
sono i terremotati siciliani.

Ascoltate o signor Presidenti
e sentitilu chistu lamento
voi siete in vacanza
iddi sono ancora senza
senza luogo e senza pani
sono i terremotati siciliani.

martedì 10 marzo 2009

Alessio@youtube


Un bel po' di filmati interessanti (compreso il concerto al Folk Club di Rivoli (TO)), sul canale youtube di Alessio Lega





Tutti da vedere e da cantare... e assolutamente da leggere l'ormai classica rubrica musicale dell'Alessio su A Rivista Anarchica!

mercoledì 4 marzo 2009

Recensione su all-about-jazz

Fausto Amodei. Canzoni di satira e di rivolta Ed. Zona, 2008, ha ricevuto una recensione da parte del critico musicale e sociologo Angelo Leonardi...