Un anno fa, nella notte tra il 13 e il 14 giugno, se ne andava Ivan Della Mea. A noi manca tanto e non lo dimenticheremo mai. Non dimenticheremo mai non solo le sue canzoni, ma soprattutto la sua ostinata coerenza politica e il suo impegno all'Istituto Ernesto De Martino. Il suo curioso modo di parlare, la sua scrittura insolita e concitata, buffa, piena di punteggiatura e di moti sospesi.
Qui, l'ultimo articolo scritto per il Manifesto pochi giorni prima di... (articolo recuperato dal bellissimo sito antiwarsong di Riccardo Venturi, che la sa più che lunga a proposito di canzoni :-) )
BRUCIA COMPAGNO BRUCIA
di Ivan Della Mea
da Il Manifesto del 12 giugno 2009
Cialtroni presuntuosi autoreferenti mentecatti retorici e pletorici recitanti di grandi parole intelligentissime che vi arrotondano il labbruccio nell'affettata pronunzia e vi allargano i buchi del naso a frogia cavallina per comunicare la potenza del vostro dire e gli occhi che se la tirano a specchio di una cultura altissima profusa con grande intelligenza e non conta un cazzo che nulla sappiate del lavoro, ne fate un'astrazione impreziosita dal suffisso «oro» e del prefisso «lav» non potrebbe fregarvene di meno. Ma volete essere di sinistra, di più, vorreste essere la sinistra e nonostante alcuni di voi abbiano alle spalle più disastri che meriti ancora vi vivete come dirigenti, diri senza genti, e impapocchiate di qui e rompete di là forti del vostro protagonismo e presenzialismo e animati dalla sottile foia di potere che informa il vostro fare: dirigenti di quarantaquattrogattiinfilaperdue ambite cariche nazionali o europee. Eterni quadri di partito o di gruppo per voi tutto fa pedana. Dalla scissione del 1906 al diciannovismo alla nascita del Partito comunista italiano non pochi tra voi già erano attrezzati e si portavano appresso una seggiolina di quelle che si chiudono onde averla prestamente fruibile per poggiare le ponderose chiappe. Voi siete stati e siete ancora la vera rovina del mondo del lavoro in generale e dei lavoratori. Fatte le eccezioni dei Di Vittorio, Novella, Santi, Trentin, Luciano Romagnoli e pochi altri davvero compagni davvero dirigenti, davvero protagonisti coscienti e responsabili di grandi vittorie e di grandi sconfitte, c'è parecchia miseria e assai poca nobiltà a giro e allora mi spiego perché non poche frange della classe operaia del nord, est e ovest, ancorché sindacalizzate, abbiano votato per la Lega. Al sindacato chiedono una sinecura da mero patronato, ma razzismo e intolleranza e non di rado fancazzismo ed egoismo e anche antipartitismo per dire anticomunismo sono costanti assai presenti sulle quali, e da tempo, dalla fine degli anni '80, come documentava con una ricerca il mio carissimo amico Primo Moroni commissionata dal sindacato, nessuna cultura contro veniva attivata e dunque nessuna politica. Si può essere cigiellisti e leghisti e razzisti e lo si è in molti casi. È questa io credo la miseria della politica di oggi e della cultura che l'informa. Chi ha voglia di fare chiarezza su queste contraddizioni? Chi ha la coscienza compagna di dire all'operaio sindacalizzato che discriminare, emarginare, fare pratica costante di razzismo e di differenzialismo significa essere fascisti dentro? Non lo vedo questo coraggio. Non vedo l'urgenza di un fare politica che sia anche fare cultura in questo senso: e cioè in contrapposizione e in rivolta.
Chi leghista viene in Piazza della Loggia il 28 maggio di ogni anno o è mentecatto o non si rende conto di essere corresponsabile dello scoppio di quella bomba: uno scoppio che nella coscienza non è finito né mai finirà. Chi, dirigente, non capisce o non vuol capire questo, è uno che ormai vede soltanto i cadreghini rassicuranti e ambiti, le piccole medie e grandi ambizioni di potere personale, la politica del farsi i cazzi propri, del chi fa da sé fa per tre. È ora di guardarsi negli occhi e di dirsi a muso duro tutto questo e ci si romperà forse ulteriormente, ma su quanto resterà si potrà tentare di ricostruire insieme sempre insieme e soltanto insieme un progetto socialista. «Brucia compagno brucia/la lotta continua ancora//Brucia compagno brucia/continuerà».
E La ringhera....
Chapeau... Marghi
domenica 13 giugno 2010
lunedì 31 maggio 2010
sabato 1 maggio 2010
Primo Maggio

A tutti i Lubiam che una mattina sono andati al lavoro ma sono caduti e la sera non sono più tornati.
A tutti quelli che non avevano niente da perdere se non le loro catene, e si sono uniti.
A Sante, che faceva il fornaio e non la spia.
(Woody, Union Maid)
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domenica 25 aprile 2010
25 aprile
Certe cose si fanno per tutti, ma di tutti non sono. Dedicato agli amici, quelli incrociati nel quotidiano della vita, attraverso gli occhi, i libri, le canzoni, la storia.
Buona resistenza.
(Il titolo della canzone è Dai monti di Sarzana, storia del Battaglione Lucetti)
(inserito da sindacatomiliardari)
Ps:Una delle ultime registrazioni di Ivan Della Mea, il cuore supplisce la qualità dell'immagine e del suono.
Buona resistenza.
(Il titolo della canzone è Dai monti di Sarzana, storia del Battaglione Lucetti)
(inserito da sindacatomiliardari)
Ps:Una delle ultime registrazioni di Ivan Della Mea, il cuore supplisce la qualità dell'immagine e del suono.
giovedì 8 aprile 2010
Lettera di Nicola Sacco al figlio Dante

Scrivendo dei pezzi per una serie di riflessioni sulle poesie in musica, incontrando Louis Aragon, rossi manifesti, rose e sguardi partigiani, dal recondito luogo da cui le analogie sovvengono una frase ha chiamato questa canzone. Musicata da Pete Seeger nel '51, il testo è la lettera, l'ultima lettera, di Nicola Sacco al figliolo Dante, lasciato a questo mondo con il difficile compito di continuare la battaglia per i deboli, i perseguitati e le vittime. Per i compagni che hanno combattuto e sono caduti. Come Nicola, come Bartolomeo.
Chissà cosa ha portato qui, da Aragon. Forse le rose, forse l'addio, la maternità, il coraggio spavaldo di chi se ne sta andando, di chi sta perdendo, e invece di cercare conforto, conforto lascia. E poi non so, poi, sono senza parole.
SACCO'S LETTER TO HIS SON
If nothing happens they will electrocute us right after midnight
Therefore here I am, right with you, with love and with open heart,
As I was yesterday.
Don’t cry, Dante, for many, many tears have been wasted,
As your mother’s tears have been already wasted for seven years,
And never did any good
So son, instead of crying, be strong, be brave
So as to be able to comfort your mother.
And when you want to distract her from the discouraging soleness
You take her for a long walk in the quiet countryside,
Gathering flowers here and there.
And resting under the shade of trees, beside the music of the waters,
The peacefulness of nature, she will enjoy it very much,
As you will surely too.
But son, you must remember; Don’t use all yourself.
But down yourself, just one step, to help the weak ones at your side.
The weaker ones, that cry for help, the persecuted and the victim.
They are your friends, friends of yours and mine, they are the comrades that fight,
Yes and sometimes fall.
Just as your father, your father and Bartolo have fallen,
Have fought and fell yesterday. for the conquest of joy,
Of freedom for all.
In the struggle of life you’ll find, you’ll find more love.
And in the struggle, you will be loved also.
LETTERA DI SACCO A SUO FIGLIO
Se non succede niente, ci giustizieranno dopo mezzanotte.
Allora sono qui, sincero, con amore e con il cuore aperto,
come lo sono stato ieri.
Non piangere, Dante per tante tante lacrime sprecate,
come quelle di tua madre, sprecate per sette anni
senza nessun buon esito.
Figliolo, invece di piangere, sii forte, sii coraggioso.
Sii capace di essere di conforto alla mamma.
E quando vorrai distrarla dalla solitudine umiliante,
portala a passeggiare a lungo nella quiete campestre,
cogliendo fiori qui e là.
E all'ombra degli alberi, accanto alla musica delle acque,
amerà molto la tranquillità della natura.
E anche tu, di certo.
Ma ragazzo, ricorda: non usare tutto te stesso.
Tieni una parte di te per aiutare i deboli che ti stanno accanto.
I più deboli, che gridano aiuto, i perseguitati e le vittime.
Sono tuoi amici, amici miei e tuoi, sono i compagni che combattono;
Sì, e a volte cadono.
Come tuo padre, tuo padre e Bartolo sono caduti.
hanno combattuto e sono caduti ieri, per la conquista della gioia
e della libertà per tutti.
Nella lotta della vita troverai, troverai più amore.
E nella lotta, sarai anche amato.
giovedì 1 aprile 2010
Orly
ad Enrico
Quando arriva il momento di dirsi addio, una canzone non basta, ma in una canzone può anche esserci tutto. Il saluto, la speranza, la disperazione. Perché come ad Orly, la domenica è triste, e sa di sale, sa di cose già viste. Sa di folla, moltitudine che ti fa sentire solo, deserto dentro senza ragione. Perché una ragione non c'è stata, o forse sì, e tu da quel giorno non puoi fare altro che vivere di progetti, di ricordare l'ultimo istante, quando invece che per mano ti tenevi per gli occhi, come solo Jacques Brel poteva osservare. Ne hai perdute di cose, ma questa non l'avevi perduta mai. E forse fino a questo momento non sapevi nemmeno di averla incontrata. Ma l'assenza pesa, l'"assenza è un assedio" (p.c.), e tra mille lui, occhio di poeta e lingua di gabbiano, ne vede solo due, e alla fine vede solo te, che la folla sta inghiottendo, come tu fossi un frutto qualsiasi.
Per conoscere le canzoni di Jacques Brel, imperdibile (e purtroppo abbastanza introvabile) Jacques Brel. Tutte le canzoni (1948-1977) Ed Arcana, 1994, traduzioni di Duilio del Prete, a cura di Enrico de Angelis, autore di una straordinaria prefazione.
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martedì 2 marzo 2010
Al popolo cileno
Al popolo cileno colpito in questi giorni dal terribile terremoto, tragedia su cui non si può aggiungere nulla se non una nostra sentita manifestazione di dolore (come fu poco tempo fa con Haiti) dedichiamo due canzoni.
Iniziamo con uno di loro, perduto ma ancora presente (almeno qui nei nostri pensieri): Victor Jara, grande, immenso musicista e insistituibile voce del popolo (del quale vorremmo parlare diffusamente in un prossimo articolo) ...
E poi, un Fausto Amodei (Fausto ti vogliamo bene, n.d.r) di un po' di tempo fa con il testo (troverete un bel po' di testi di Amodei in deposito.org curato da Sergio) di "Al compagno Presidente" (Salvader Allende). E se per le catastrofi naturali si può maledire la sfortuna (e chi ci crede può invocare l'aiuto di qualche divinità) di fronte alle catastrofi etico-civili non ci si può che vergognare: che possano essere successe, che possano succedere, che Pinochet non abbia pagato.
Buone Canzoni.
Al compagno presidente
Niente bandiere esposte a mezz'asta,
a Valparaiso, Santiago, Antofagasta
per Salvador Allende
Hanno paura di ricordare
che un vero presidente popolare
muore ma non s'arrende.
Per chi è vissuto e morì con coraggio
non ci si attende un omaggio
da quelli che sono vissuti e più tardi
dovran morir da codardi.
Niente uniformi, né generali,
né nobil donne né autorità ufficiali
di fianco al tuo sudario.
Per chi ti ha ucciso non conta niente
la morte di un compagno presidente
morto da proletario
I traditori si sono già accorti
d'esser più morti dei morti:
anche da vivi a loro è concesso
d'essere carogne lo stesso.
Nessun cannone ti ha tributato,
sparando a salve, l'ultimo commiato,
andando al cimitero.
Nixon non spreca inutilmente
le munizioni per un presidente
morto a guerrigliero.
Ogni suo colpo lo devo serbare
per chi ti vuol vendicare.
Chi c'ha la forza e non la ragione
si affida solo al cannone.
Ma, mille a mille, si sono mosse
in tutto il mondo le bandiere rosse
per te compagno Allende.
Si sono mosse per ricordare
che solo un presidente popolare
muore ma non s'arrende.
E' stato il popolo a darti in omaggio
questo tuo grande coraggio.
Questo coraggio che tu ora da morto
Rendi al tuo popolo insorto.
Chi ti ha voluto render gli onori
sono milioni di lavoratori
di rivoluzionari.
Perchè è un esempio ormai leggendario,
che un presidente muoia proletario
tra gli altri proletari.
Ma dietro ad un proletario ammazzato
c'è tutto il proletariato.
C'è tutto il proletariato che aspetta
di compier la sua vendetta.
E quei fucili che hanno voluto
renderti ancora l'ultimo saluto,
entrando al cimitero,
son stati i primi che hanno indicato
come seguir l'esempio che tu hai dato
compagno guerrigliero.
Ora la forza ce l'ha un traditore
ma il socialismo non muore.
Esso è ben vivo e continua a lottare
con unità popolare.
Iniziamo con uno di loro, perduto ma ancora presente (almeno qui nei nostri pensieri): Victor Jara, grande, immenso musicista e insistituibile voce del popolo (del quale vorremmo parlare diffusamente in un prossimo articolo) ...
E poi, un Fausto Amodei (Fausto ti vogliamo bene, n.d.r) di un po' di tempo fa con il testo (troverete un bel po' di testi di Amodei in deposito.org curato da Sergio) di "Al compagno Presidente" (Salvader Allende). E se per le catastrofi naturali si può maledire la sfortuna (e chi ci crede può invocare l'aiuto di qualche divinità) di fronte alle catastrofi etico-civili non ci si può che vergognare: che possano essere successe, che possano succedere, che Pinochet non abbia pagato.
Buone Canzoni.
Al compagno presidente
Niente bandiere esposte a mezz'asta,
a Valparaiso, Santiago, Antofagasta
per Salvador Allende
Hanno paura di ricordare
che un vero presidente popolare
muore ma non s'arrende.
Per chi è vissuto e morì con coraggio
non ci si attende un omaggio
da quelli che sono vissuti e più tardi
dovran morir da codardi.
Niente uniformi, né generali,
né nobil donne né autorità ufficiali
di fianco al tuo sudario.
Per chi ti ha ucciso non conta niente
la morte di un compagno presidente
morto da proletario
I traditori si sono già accorti
d'esser più morti dei morti:
anche da vivi a loro è concesso
d'essere carogne lo stesso.
Nessun cannone ti ha tributato,
sparando a salve, l'ultimo commiato,
andando al cimitero.
Nixon non spreca inutilmente
le munizioni per un presidente
morto a guerrigliero.
Ogni suo colpo lo devo serbare
per chi ti vuol vendicare.
Chi c'ha la forza e non la ragione
si affida solo al cannone.
Ma, mille a mille, si sono mosse
in tutto il mondo le bandiere rosse
per te compagno Allende.
Si sono mosse per ricordare
che solo un presidente popolare
muore ma non s'arrende.
E' stato il popolo a darti in omaggio
questo tuo grande coraggio.
Questo coraggio che tu ora da morto
Rendi al tuo popolo insorto.
Chi ti ha voluto render gli onori
sono milioni di lavoratori
di rivoluzionari.
Perchè è un esempio ormai leggendario,
che un presidente muoia proletario
tra gli altri proletari.
Ma dietro ad un proletario ammazzato
c'è tutto il proletariato.
C'è tutto il proletariato che aspetta
di compier la sua vendetta.
E quei fucili che hanno voluto
renderti ancora l'ultimo saluto,
entrando al cimitero,
son stati i primi che hanno indicato
come seguir l'esempio che tu hai dato
compagno guerrigliero.
Ora la forza ce l'ha un traditore
ma il socialismo non muore.
Esso è ben vivo e continua a lottare
con unità popolare.
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