giovedì 14 gennaio 2010

SCRIVERE DI MUSICA: INCHIOSTRO E DINTORNI SULLA SECONDA ARTE

Scrivere di musica: tematica solo apparentemente generosa per disquisire, perché oltre che vasta è in primo luogo complessa, essendo la storia e l'editoria sature di eterogenee manifestazioni di genere.
Oggigiorno moltissime case editrici tra le loro collane ne annoverano una espressamente dedicata alla musica, ma ovviamente le manifestazioni letterarie moderne hanno radici molto profonde ed antiche, che influenzano in parte la moderna accezione dello scrivere sulla seconda arte.
Difficile quindi fare un discorso organico, ma ben lungi dal voler inseguire un’ideale completezza, ci sono un po’ di considerazioni da fare di interesse storico ed artistico per districarsi nella circolarità del significato dell’analisi di un’arte, quando tale arte viene utilizzata per descriverne un’altra.
Un'osservazione divertente da cui si può iniziare è la seguente: lo scrivere di musica, e con esso la famigerata critica musicale, nascono prima della musica scritta.
Se Guido d'Arezzo, autore del fondamentale Micrologus de musica, aspettò solo l'anno Mille (1028 ?) per inventare la scrittura delle note su rigo (proponendo la sua teoria dell’esacordo, seminale alla moderna scrittura musicale), di musica già si scriveva da secoli, anzi da millenni.
Sarà che la musica è la musica, e il suo nome già basta a qualsiasi definizione emotiva. Sarà che accanto al ruolo di intrattenimento, di veicolo di sentimenti, la musica ha sempre avuto un significato sacro, rituale, e non ultimo celebrale.
Se Platone ne La Repubblica riconosce alla musica il ruolo di “esercizio dello spirito… come amore per il Bello ideale e non per le bellezze sensibili..” nel processo educativo e pedagogico del giovane ateniese (1), Aristotele addirittura conferisce a talune armonie delle virtù etiche e ad altre, di contro, caratteristiche immorali (arrivando nella Politica a definire “orgiastico” il frigio, contrapposto al modo dorico, degno di essere strumento educativo).
Ma già prima della filosofia “socratica” (siamo al tempo delle scuole presocratiche, così vicine a certe moderne intuizioni filosofico-scientifiche da avvicinarci all’idea della ricorrenza storica del pensiero) la scuola pitagorica, affascinante e contraddittoria setta filosofica nata a Crotone e poi largamente diffusasi, dava alla musica spazio e significato speciali.
I presocratici scrivono di musica e di suoni come moderni musicologi o studiosi del suono, innestando nella loro complessa filosofia basata sul dualismo degli opposti, studi (anche empirici, legati a veri esperimenti di fisica) sulla musica, dai quali scaturiscono notevoli intuizioni matematiche; musica quindi come oggetto di studio scientifico e come strumento filosofico di armonia degli opposti.
Beh, per avvicinarci ancora un po’ ai nostri tempi, il buio Medioevo pullula di scrittori addetti alla musica: tra Teorici e Trattisti (chi si dedicava più alla teorizzazione e chi più alla pratica e alla didattica), prima e dopo D’Arezzo prende il volo la tradizione dei trattati, rinfoltita da metodi per strumenti veri e propri (che ancora oggi, anche se forse non ci si pensa), rappresentano una grossa fetta dei prodotti editoriali orientati alla musica.
Proseguendo, subentrando l’interesse delle musica “profana” a quello della musica sacra (per forza di cose e di mezzi la più o forse la sola studiata fino ad un certo momento) anche lo scrivere di musica diventa più articolato e popolare. E quando con il passare di secoli l’opera si impone come uno delle principali modi teatrali, nasce un nuovo tipo di pubblicazione, il libretto dei testi, di certo una nuova forma di scrittura, perché il testo letterario complesso e articolato diventa parte integrante dell’opera d’arte.
Queste sono solo pillole di passato per arrivare a comprendere meglio quello che avviene oggi, tenendo conto che del IX e soprattutto nel X secolo sono sorti dei generi nuovi ed innovative, delle forme un tempo se non impensabili mai così insite nella cultura.
Tralasciando la musica classica (discorso troppo complesso ed in parte al di fuori dal nostro interesse ) sono nati generi musicali del tutto nuovi come il blues, il jazz e non ultima la canzone intesa come testo cantato ha acquisito una dignità ed un’importanza culturale mai raggiunta prima. A questo sono seguiti ovviamente interessi mediatici, giornalistici, critici. Interessi socio antropologici, culturali.
E fissando la nostra attenzione nei confronti della canzone d’autore, essa di certo non è soltanto un fenomeno musicale, ma un fenomeno di pensiero su cui tanto si è detto, o meglio si è scritto.
Oggi assistiamo ad un fiorire continuo di pubblicazioni musicali di diverso genere (che oltre alla canzone d’autore riguardano fenomeni come il rock e il pop).
Ma cosa intendiamo allora come “pubblicazioni” musicali contemporanee?
Beh, sono pubblicazioni musicali le biografie dei cantanti e dei musicisti, i libretti dei testi di opere, operette o spettacoli che assumono una parte cantata (musical, commedie musicali etc), le monografie sulle canzoni (da citare le collane di Zona, ad esempio Dentro la musica), le discografie illustrate (citare la collana di Coniglio), le pubblicazioni su artisti smontati e riassemblati a piacimento (da segnalare la crescita a
funzione di Fibonacci (2) dei libri sull’opera di Fabrizio De André, l’80 per 100 delle quali contengono dichiarazioni che mai nessuno avrebbe fatto ad artista in vita ndr).
Commuovente e testimone di un’attualità forse insperata dal giovane artista, la serie di pubblicazioni su Luigi Tenco, vita, opera, pensiero, a firma di grandi nomi e per le maggiori case editrici da Bur a Baldini e Castoldi.
Feltrinelli che pubblica un testo su Woody Guthrie, ribadisce una posizione politica di tradizione, utilizzando una formula diffusa: la raccolta di testi (accuratamente spiegati). Perché di certo, le raccolte di testi sono le più autentiche pubblicazioni musicali: fissano sulla carta quel punto preciso dove la musica si fa canzone e la canzone lo sappiamo è fatta anche di parole, quindi di cibo primario della scrittura.
Invece, la sopracitata biografia d’artista, che non parla solo della sua arte ma pone l'accento sulla sua vita, è una tradizione letteraria che si rifà ad un filone letterario già in voga dal settecento e che trascende spesso (ma non sempre) l’analisi artistica. Ma l’analisi critica è pane irrinunciabile per l’editoria musicale e per il giornalismo.
Il giornalista musicale scrive di musica: asettico se recensisce super-partis, o meglio se non asettico e quindi buon giornalista, quanto meno obbiettivo. Un giornalista lascia una critica del tutto obbiettiva solo quando l'artista non lo fa impazzire, altrimenti si sbilancia, come è giusto.
Perché la canzone fa parte di un tessuto, di una società, un momento storico.
Quindi assume interesse particolare lo studio della musica quale effetto e al contempo strumento di analisi di un certo contesto socioculturale: quindi visione socio antropologica di un passato storico.
Studio della musica (possiamo anche solo dire della canzone, in quanto il testo è imprescindibile) della fenomenologia umana, nel recupero delle canzoni popolari.
Da storia orale, metamorfosi da parlato in forma scritta, quindi non più corruttibile, nella volontà che un determinato patrimonio diventi indelebile.
Come non pensare agli scritti di Alan Lomax, che cattura blues di tempi andati in nastri magnetici ma soprattutto in pagine che oggi ci testimoniano un passato che non esiste più ma è fondamentale conoscere.
Questa è pubblicazione musicale e storiografica al contempo.
Per raccontare anche dell’altro, andiamo a sbirciare nelle istituzioni: Il Club Tenco ha addirittura una collana di libri, I libri del Club Tenco (Editrice Zona), che rispondono ulteriormente al quello che ci chiediamo, ovvero cosa può essere scrivere di musica: quelli del Tenco hanno scritto di come la letteratura stessa diventa musica (musicare i poeti significa dare alla poesia una vita parallela), di come è complesso tradurre, introducendoci ad una delle problematiche teoriche del far canzoni.

Finiamo con un caso particolare di scrivere di musica, ovvero i musicisti che scrivono: non infrequentemente le loro opere sono dense di citazioni musicali (proprio si vede che è più forte di loro) e spesso la musica stessa è il pretesto narrativo. Certo, non tutti sono grandi scrittori come fu Boris Vian, ma come si dice, si fa quel che si può.

Ma allora cosa vuol dire scrivere di musica?
Scrivere uno spartito, analizzarlo, raccogliere dei testi, recensire dei dischi raccontare un vita vissuta dentro la musica, perdersi tra dettagli estetizzanti da musicologi, cercare di mettere ordine con la parola scritta tra modi e modalità di canto popolare, intravedere, carpire spremere o comprendere in quanto autoevidenti filosofie, politiche ed etiche dei cantautori e scriverli per tramandarle.
Raccogliere in un libretto tutte le frasi di Georges Brassens.
Scrivere un manuale di comprensione della musica o addirittua delle direttive pratiche per cantare una canzone.
Fornire ontologie a generi e teorizzare generi da prodotti artistici, vedere avanguardie dentro le canzoni, scrivere un saggio sul canto politico, sul canto sociale sulla canzone d’autore, sul jazz sul blues, e molte altre cose tra le quali infine scrivere un saggio sullo scrivere di musica come quello che stai leggendo.


NOTE:

(1) per capire il ruolo della musica nella filosofia di Platone: Evanghelos Moutsopoulos, La musica nell'opera di Platone, Vita e Pensiero, 2002;

(2)Fibonacci, matematico italiano del 1200 di grande spessore. Sua, la famosa omonima successione (ammirabile oggi sulla mole Antonelliana grazie all’installazione luminosa dell’artista Mario Merz) così definita: F(0)=0, F(1)=1, e per n>1, F(n)=F(n-1)+F(n-2). Pare spieghi l’andamento riproduttivo dei conigli.

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