mercoledì 17 febbraio 2010

Fabrizio, 70


Domani Fabrizio De André compie 70 anni. Quanto silenzio, negli ultimi dieci anni, senza di lui. Ma quanta gioia, sempre, nel sentire la sua voce limare le parole, come la rugiada le foglioline verdi, come la tristezza dolce una notte lunga e scura.
Su Fabrizio, in questi anni si è scritto e detto molto. Non sono mancate le celebrazioni (molte così dissonanti con la sua personalità schiva), non sono mancate le rivisitazioni, i dibattiti, le "spartizioni" dei meriti della sua eredità musicale (su come la pensiamo riguardo a questo, ci siamo già espressi).

Ma domani, noi non penseremo a tutto questo. Penseremo che ci manca, che vorremmo lui fosse ancora qui: saprebbe di certo scrivere una splendida canzone per le guerre che non ne vogliono sapere di tacere, per tutti quelli che in questi giorni bui perdono il lavoro, per queste declino etico-civile che sembra senza fine, per lo scempio dei nostri governanti al nostro Paese. A dire il vero, Fabrizio descrisse uno scenario apocalittico che tanto somiglia al nostro presente già vent'anni fa, con la sua splendida La domenica delle salme: uno sfondo inquietante, fitto di riferimenti storici passati e contingenti ma decisamente lungimirante, illuminato. Una catastrofe onirica (sembra un terribile incubo, o una realtà assimilata dalle coscienze senza, se non rara, resistenza), un palcoscenico di grottesche figure che forse descrive meglio il presente che quei fine 80/primi 90, anni, per i più, di superficiale ottimismo (plasmato dalla cultura dominante, che riuscì a veicolare le coscienze e il senso critico della gente verso una strada che ha portato all'attuale appiattimento socio-culturale). Tirando le somme di sessant'anni di storia, Fabrizio fu profeta del presente (quello attuale). Solo uno sguardo attento, poetico, anarchicamente libero e denso di rispetto per il prossimo poteva interpretare l'immanenza della storia, vedere oltre e cantare, trasformare in capolavoro l'essenza di una pace terrificante. Gli addetti alla Nostalgia, che accompagnano tra i flauti il cadavere di Utopia è per noi la più struggente, devastante, agghiacciante immagine della musica italiana.
Questo non è che un esempio di quello che De André ha saputo lasciarci: ogni sua canzone, dalla più tenera alla più irriverente porta bellezza a chi la vuole ascoltare ed è, alla fine, un atto d'amore (l'amore quello dei vicoli, degli indiani, delle ragazze di strada, dei vecchi che si addormentano al sole) a quell'anima universale, filo sottile, quasi impercettibile, che lega, sulla terra, solitudini e speranze.
Non ci resta che ascoltare, le parole e la voce di questo ragazzo bello, timido e colto, non ci resta che regalargli un nostro pensiero; ora, questa notte, per sempre.





(inserito su youtube da Wackooos)

Ciao Fabri

3 commenti:

francesco pagliarini ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
francesco pagliarini ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
francesco pagliarini ha detto...

mancava il tuo scorcio. delicata mano che apre al lettore- dimensione unica-
quanto rispetto nel mescolare ricordo presente e futuro -una tovaglia preparata meticolosamente- o finestra affacciata al panorama musicale e non solo-
giù in profondità, in alto muovi il nostro sguardo -nell'arco di ogni articolo-doni prospettiva - ciao-